Il Gatto nella Storia

Pubblicato il26/07/2021

Un viaggio a passi felpati lungo secoli

Venerato, addomesticato e perseguitato per poi tornare a pieno diritto al nostro fianco. Di lui hanno scritto in tantissimi, e in tantissimi hanno immortalato la sua fiera ed immagine. Da Lorenzo Lotto a Paul Klee, fino alla visionaria Frida Kalo, è stato ritratto come effigie e simbolo e poi narrato da grandi come Alexander Dumas ed Ernest Hemingway.
Compagno inseparabile di vita di Petrarca, che senza la sua Dulcina non muoveva un passo, fino Michel de Montaigne che tra uno scritto filosofico e l'altro, amava giocare con il proprio felino.

Insomma, non si può in nessun modo negare come questo animale abbia rappresentato e rappresenti tutt'oggi, uno dei legami più forti dell'uomo con il mondo animale.
Le sue origini sono antichissime e tanti sono stati i passaggi simbolici che ha affrontato nei secoli.
Diamo insieme uno sguardo panoramico per comprendere la storia di questo regale e controverso animale.

Il primo contatto del felino con l'uomo

Diretto discendente dei piccoli e grandi felini come la tigre, la lince ed il puma, il primo contatto con l'uomo, avvenne nell' Antico Egitto.
Alcune fonti parlano della coabitazione tra uomo e gatto già intorno al 5000 A.C. ma è con la Civiltà Egizia che abbiamo le prime tracce, ovvero quando presumibilmente il felino si avvicina all'uomo per ragioni utilitaristiche e legate alla sopravvivenza.

Dopo anni di libertà, di vita ed esperienza, è il gatto che decide di lasciarsi addomesticare e convivere con l'uomo, intraprendendo così nel 3000 A.C. questa “relazione”.
Gli Antichi Egizi erano convinti che alcune divinità assumessero sembianze di gatto e che i grandi sacerdoti di allora traessero dal loro comportamento messaggi divini.

Tutto questo portò alla nascita e alla venerazione dell'antica divinità Bastet, ibrido dal corpo di donna e dalla testa e gli arti felini.
L'iniziale nome, di quello che potremmo definire gatto domestico, era “Mau”, curioso suono onomatopeico che voleva dire “Vedere”, proprio in nome della natura che veniva attribuita a questo animale, quella cioè di guardare la verità e di osservare attraverso la morte l'ignoto.

La Grecia ed “Il ratto dei gatti”

Gli Egizi svilupparono ben presto contatti commerciali con il mondo circostante e questo fece sì che anche i Greci, popolazione con cui intrattenevano fiorenti scambi economici, si conoscessero il gatto.

In questo periodo, la presenza dei topi veniva combattuta attraverso la presenza di puzzole e donnole, animali difficilmente addomesticabili.
Quando gli ellenici scoprirono i felini, belli addomesticabili ed ottimi cacciatori, se ne innamorarono perdutamente.
L'unico problema era rappresentato dalla natura sacra attribuita dagli Egizi ai gatti che impediva loro di venderli e commerciarli, e che portò quindi i Greci ad un'unica soluzione: Rubarne alcuni esemplari suddivisi in coppie, per poi farli riprodurre.
Insomma un vero e proprio “ratto dei gatti”!

I felini, da Occidente ad Oriente

Dopo qualche anno i Greci furono in grado di vendere i gatti ai Romani, ai Galli ed ai Britanni, e così nel giro di poco tempo i felini conquistarono tutta Europa fino ad arrivare nell'affascinante e lontana Asia.

In Giappone, ed in generale per tutta la cultura nipponica, il gatto assunse un ruolo centrale legato alla sacralità ed alla spiritualità.
Sempre presenti nei templi buddisti e principalmente bianchi, erano considerati messaggeri celesti, ma oltre a questo avevano anche un importantissimo ruolo, quello cioè di preservare e proteggere i rotoli di seta delle sacre scritture dai roditori.
Dai templi alle abitazioni il passo fu breve, e ben presto i gatti si diffusero in tutto l'arcipelago giapponese, considerati non soltanto per la loro sacralità ma anche per l'indiscussa bellezza, diventarono velocemente simbolo di fortuna.

Narrati nei poemi tradizionali e rappresentati nelle tavole sacre, sono stati tra gli animali più amati in Giappone, a tal punto da causarne un vero impoverimento del paese.
Si legge infatti, negli Annali Imperiali, che intorno all'anno 1000 l' Imperatore Hojiji dal tanto amore provato per i felini, decretò che non venissero mai più utilizzati per la caccia ai topi, e che dovessero essere solo amati e venerati con estrema cura.
Questo causò una proliferazione di topi in tutto il paese, ed ingenti danni ai bachi da seta, considerata una prelibatezza dai roditori e una delle prime fonti di ricchezza per il popolo nipponico.
Si dovette aspettare il XIV secolo per un nuovo editto ed un ripristino della caccia dei topi ad opera dei gatti.

Medioevo: tempi bui per i felini

Proprio a riprova della nostra volubilità,, ed a dimostrazione di quanto la cultura e la società condizionino le valutazioni del mondo circostante, ci volle un attimo dal far passare il gatto ad animale sacro da venerare a esempio manifesto del Diavolo in terra.

Questo fu quello che successe in uno dei periodi più bui della storia dell'uomo e del felino. La Chiesa in quel periodo, con il diffondersi del Cristianesimo, si preoccupava di affermare il suo strapotere e di reprimere ogni forma di paganesimo. In questo disegno era ovvio che un animale come il gatto, ritenuto sacro da diverse culture, fosse uno dei nemici della Chiesa.
Considerato un animale demoniaco al servizio delle streghe e bruciato insieme a loro: questo fu purtroppo il duro destino di questi splendidi animali per lungo tempo.

La rivincita del felino arrivò nel 1300, quando il suo sterminio portò, oltre che la prolificazione dei topi, anche l'arrivo della pesta.
Una delle figure che risanò, per così dire, il gatto fu Gertrude de Nivelles, nipote di Carlo Magno. Una volta diventata badessa nel suo monastero, reinserì i gatti come dolci animali che aiutavano l'uomo nella caccia ai topi.

Dal 1800 “momenti di Gloria” per i gatti

Dal 1800, superate le stragi ed i momenti bui, cominciò il meritato riscatto del gatto che venne di diritto reintrodotto come amato animale da compagnia.
Nel 1871 venne organizzata la prima esposizione felina, e da li iniziò anche la categorizzazione in razze dei gatti.
Ritratto più volte nei dipinti impressionisti, da Renoir, Manet e Gauguin fino a Bonnard dove appare coccolato e vezzeggiato come animale da compagnia dall'indiscussa bellezza.
Arriviamo così al '900, quando grandissimi artisti come Picasso e Matisse fino al visionario Warhol, decisero di immortalare questo animale non solo come emblema di eleganza ma anche come tappa culturale per ogni percorso artistico.

Sarebbero ancora tante le cose da dire , ma abbiamo deciso di dedicare al gatto nel '900 un intero articolo.
Continua a seguirci per un altro interessante viaggio nel mondo felino.

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